La nascita delle Casse Rurali. Tra urgenza del bisogno e concretezza della risposta. 

L'archivio storico BTL ci restituisce due micro storie di vita contadina di fine Ottocento che spiegano sinteticamente, ma molto efficacemente, il perché della nascita delle Casse Rurali. Tra l'urgenza del bisogno e la concretezza della risposta.

PompianoVecchia
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"Un giorno si presenta al parroco un colono afflitto oltremodo. L’annata era stata cattiva, il padrone voleva essere pagato, ed a lui non restava che vendere due bovine lattifere, dalle quali nel verno avrebbe ricavato non poco. Buon cristiano com’era poté essere accettato subito come socio, ed ottenne dalla cassa L. 350 per saldare il suo fitto. […] Senza la Cassa Rurale le avrebbe perdute!


Un altro possedeva 100 quintali di fieno. E’ S. Martino: denari non ce ne sono, il padrone li vuole, il fieno è a L. 3,25 il quintale. Ma il colono ricorre alla Cassa, ottiene per 6 mesi 200 lire, paga L. 6 d’interesse ed al 5 di maggio vende il suo fieno a L. 5,25; realizza quindi L. 194 di utile, che senza la Cassa sarebbero sfumate per lui o divise collo strozzino". (da Primi frutti delle Casse Rurali, 1894).

 

Sul ruolo e le origini delle Casse Rurali sono stati svolti nei decenni scorsi diversi studi, tante pubblicazioni che hanno finalmente potuto rendere merito e il giusto spazio anche nella storiografia a queste realtà troppo spesso trascurate dalla Storia del nostro Paese.

 

Poi però sono sufficienti due micro storie di vita contadina di fine Ottocento - poche righe  - di un articolo apparso su un quotidiano bresciano datato 1894 per capire il perché della nascita delle Casse Rurali, l'urgenza di rispondere ad un bisogno molto preciso e la concretezza della risposta data dalla Cassa Rurale.

 

“Considerato che i ricchi possidenti godono abbastanza credito per rivolgersi nei loro bisogni alle Banche esistenti nei grossi centri”, il credito rurale di ispirazione cattolica si andò sviluppandosi nelle comunità agricole dove più evidenti si presentavano gli effetti della crisi agraria.

 

Una crisi agricola che nel decennio 1885-1894, durante gli anni neri dell’economia del nuovo Regno
d’Italia, complice anche la guerra commerciale con la Francia e la sfrenata inflazione creditizia, ebbe riflessi deleteri sull’intero sistema economico provinciale, ma con effetti comprensibilmente più drammatici sulle povere classi agricole.

 

Le condizioni in cui viveva gran parte dei contadini bresciani, “costretti a fatiche improbe, impegnati quasi tutto il giorno nel lavoro dei campi, erano aggravate dallo stato delle abitazioni, dalla mancanza di attrezzature tecniche e dalla insufficiente e cattiva nutrizione, dovuta alla scarsa disponibilità di mezzi finanziari, per cui era perfino impossibile l’acquisto di beni di consumo indispensabili per fornire le necessarie calorie all’organismo”.

 

Le casse rurali in questo contesto offrivano la possibilità di ottenere prestiti a interessi ridotti e rateizzati, sostenendo l’attività imprenditoriale dei piccoli coltivatori e offrendo i mezzi per provvedere ad una coltura razionale della terra col mettere a loro disposizione il capitale necessario a condizioni convenienti, anche per non costringerli a precipitare la vendita dei raccolti o incorrere nella piaga dell’usura.